L’UOMO È ANIMALE POLITICO E SOGGETTO DI DIRITTI? Una riflessione a partire da Aristotele, Arendt e Agamben

20 aprileABSTRACTÈ ancora valida oggi la definizione di Aristotele dell’uomo come animale politico e come soggetto di diritti?

Il crescente numero di migranti, apolidi e di residenti stabili senza alcuno statuto giuridico, fa dubitare che la risposta possa essere affermativa.

Le proposizioni che un tempo definivano l’essenza umana sono diventate oggi insufficienti: ciò è evidente soprattutto in riferimento al fenomeno delle migrazioni.

Coloro che abbandonano il loro paese di origine (a causa della fame o delle persecuzioni messe in atto da regimi non democratici) si ritrovano spesso nuovamente emarginati in un paese straniero, privi di diritti, esposti alla violenza privata e ai capricci delle organizzazioni umanitarie e delle forze di polizia.

I diritti dell’uomo e del cittadino vengono detti “inalienabili”. Eppure larghe porzioni di umanità ne sono irrimediabilmente esclusi.

Quando l’uomo non coincide con il cittadino (come nel caso degli apolidi), i diritti non sono più sufficienti a garantire il rispetto della vita, che è esposta ad ogni genere di violenza ed esclusa dalla scena politica.

Questa crisi dei diritti non riguarda soltanto i migranti e i popoli senza stato, ma sembra estendersi potenzialmente a tutti, anche ai cittadini delle comunità politiche e degli stati che si definiscono comunemente “democratici”.

 

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