L’8 marzo di ogni anno ricorre la Giornata internazionale delle donne (comunemente detta anche “festa della donna”), giornata istituita per celebrare le conquiste e per riflettere sulle discriminazioni, ancor oggi operanti in maniera tangibile, che riguardano la questione femminile.
Su questa data graverebbe un’importante ipoteca, in particolare quello che sembra essere un falso storico: l’incendio della fabbrica Cotton, fatto che, a quanto pare, non sarebbe mai accaduto. Infatti, nel Museum of the City of New York, dove sono ricordati tutti gli incendi che funestarono il passato della città, non esiste alcuna traccia del rogo che l’8 marzo 1908 avrebbe devastato la fabbrica del signor Johnson.
Ma, come spesso accade, riluce un nucleo verità al di là del falso, esiste qualcosa di vero al cuore della leggenda. Nel museo della City si narra infatti dell’incendio avvenuto il 25 marzo 1911 in un’altra fabbrica, la Triangle Factory di New York. Questo rogo sarebbe l’origine, non leggendaria ma ampiamente documentata, della ricorrenza.
Nell’incendio della Triangle morirono 146 persone, nella stragrande maggioranza donne. Si trattava in particolare di giovani operaie, che lavoravano in condizioni precarie ed erano per lo più immigrate. L’edificio della Triangle, invece, è ancora in piedi e si trova dalle parti di Washington Square Park.
Perché sarebbe sorta tanta confusione sulle origini della Giornata internazionale delle donne? Perché, all’incendio vero, si sarebbe affiancata la tradizione di un secondo, fantomatico, incendio? Forse perché, nel periodo del secondo dopoguerra, si è preferito tacere sulle origini, fortemente caratterizzate dal punto di vista politico, dell’8 marzo.
La questione femminile e la rivendicazione del suffragio universale delle donne furono, infatti, al centro del VII Congresso della II Internazionale socialista, svoltosi a Stoccarda nel 1907. Al congresso presero parte le più importanti personalità marxiste del tempo, fra cui Rosa Luxemburg e Clara Zetkin. Pochi giorni dopo il Congresso, Clara Zetkin diede vita alla rivista L’uguaglianza, il cui titolo parla da sé.
A San Pietroburgo, l’8 marzo 1917 ci fu una grande protesta femminile, che rivendicava la fine della guerra. Questa manifestazione fu la prima di molte e può essere quindi considerata come l’inizio della Rivoluzione di febbraio.
Le donne dell’epoca, nonostante fossero state ancora prive del diritto di voto, ebbero quindi una parte attiva nelle lotte sociali, nell’opposizione allo zarismo e nella rivendicazione della pace fra le nazioni.
In apertura dell’articolo si era parlato delle discriminazioni ancora oggi operanti. Fra queste, non possiamo non menzionare problema del lavoro e del gender gap, del divario, in termini retributivi, fra gli uomini e le donne. Non è infatti necessario essere femministi per rendersi conto che, nel lavoro, il maschilismo è un’abitudine alquanto diffusa.
Concedetemi, quindi, un po’ di sarcasmo.
In Europa sembra che sia normale che gli uomini ricevano stipendi più alti delle colleghe (il cui lavoro domestico, tra l’altro, non è riconosciuto). Sembra anche che sia normale che i volti femminili scarseggino nelle “alte sfere” e che il congedo per maternità sia percepito come una specie di handicap, un ostacolo insormontabile alla carriera. Ma non tutto è perduto!
Forse in un lontano futuro, donne, quando la popolazione terrestre sarà ormai prossima all’estinzione, ci sarà un posto da manager anche per noi…
L’ha ribloggato su Scribacchini in Fuga.
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